Questo progetto ha per obiettivo l’empowerment delle donne
elbane, che hanno alle spalle una storia in gran parte
ignota, ma di cui possiamo ricostruire la struttura, l’ossatura. In senso letterale, visto che le ossa erano
considerate dai nostri antenati il luogo dell’anima, quella parte di anima che
resta nel fisico, sulla terra.
Lì ci sono strutture mentali, modi di pensare, sentire,
percepire la realtà che sono specifici, caratteristici dell’isola. Le ricerche compiute sulle donne elbane, in
particolare le donne di Rio (Peria 2012), mostrano le specificità della cultura
femminile isolana che si distingue da quella, per esempio, dell’Italia
centrale, grazie alla relativa autonomia e al riconoscimento sociale delle
levatrici, orticultrici, erboriste,
“medichesse”, la cui rappresentante più significativa è Margherita
Bonci, legittimata nelle sue pratiche e terapie degli Anziani della Comunità di
Rio (Peria 2012: 125 e sgg.).
Tuttavia, le arti e i
saperi delle donne elbane - che gli studiosi descrivono come
indipendenti, creative, coraggiose e guerriere – non sono soltanto la
ricaduta dei processi storici che hanno
reso la popolazione dell’isola una popolazione di vedove e vedove bianche. La precarietà di un mondo in cui gli uomini
sono costantemente impegnati in mestieri pericolosi, come la pesca e le guerre,
è stata aggravata dal continuo conflitto con pirati e corsari, eserciti di
invasori, episodi bellici.
Eppure, non fu solo la contingenza storica a creare il
carattere femminile elbano, caratterizzato da autostima e intraprendenza. Alcune scoperte archeo-antropologiche –
realizzate all’inizio e alla fine del secolo scorso - rivelano la presenza su
questo territorio di siti antichissimi, ricchi di indizi circa culture
materiali e spirituali di tipo matrifocale.
La cultura Villanoviana è un caso esemplare, perché rappresenta un tipo
di società, in cui la donna poteva assurgere a posizioni di grande potere,
socio-economico, politico e religioso, essendo considerata come il più naturale
e spontaneo canale di comunicazione con il divino.
I Villanoviani erano antenati diretti degli Etruschi, che
hanno continuato a coltivare – in una società rinnovata ma saldamente
incardinata in quelle radici simboliche – una visione e quindi una politica culturale
di tolleranza, libertà e onore nei confronti della donna. La donna etrusca si permetteva cose che la
donna romana non osava sognare. Ella poteva coltivare i mestieri artigianali
e commerciali, prendere decisioni e, soprattutto, essere un punto di
riferimento operativo per la spiritualità femminile: le erano affidati in autonomia, culti e
cerimoniali che a Roma escludevano la presenza femminile.
In questo percorso attingeremo a tempi antichissimi a quelle
culture degli antenati e delle antenate delle donne elbane che rappresentano la
base genetica, il nucleo duro del DNA mitocondriale, quello che si tramanda
solo in via femminile. Risaliamo a un
tempo che non ha potuto lasciare documentazione perché basato sulla comunicazione
orale e non scritta, ha lasciato tracce riconducibili, con i metodi
dell’archeo-antropologia, alle ricerche di Momolina Marconi, Uberto Pestalozza,
Marija Gimbutas, che dimostrano l’esistenza di culture matrifocali a dominanza
spirituale femminile nelle popolazioni tirrene, pelasgiche, dolicocefaliche
fino a circa il 1000 a.C.
Il nostro progetto mira a ricostruire e ricomporre frammenti
della cultura femminile elbana, in
particolare di Rio Elba, cultura che ha attraversato molte epoche e che ha
subito minacce e ridefinizioni nel corso dei secoli. Proponiamo di ripercorrere a ritroso il fil rouge
che connette le elbane moderne alle loro antenate più arcaiche, attraverso uno
spettro di metodi esperienziali e di consapevolezza, che si basano sulla
relazione diretta, intensa e profonda con l’ambiente naturale circostante.
Ciò che ha reso l’Elba quella che è, e le elbane quello che
sono – in termini di fermezza, coraggio, indipendenza – è un sapere che risale
alla notte dei tempi ma è latente nella coscienza dei contemporanei, in attesa
di essere risvegliato. Proponiamo un
percorso, adatto a tutte le età e diretto a entrambi i sessi, che ci
ricongiunga con le nostre radici attraverso il contatto non mediato con il
mondo naturale, con la rigogliosa e potente natura che avvolge e incornicia la
cittadina di Rio.
Gli elementi naturali su cui focalizzeremo l’attenzione
sono: il mare e l’abbondanza di acque
dolci; la vegetazione (orti, boschi, erbe, alberi); il ventre della miniera, che rappresenta
simbolicamente la grotta, il grembo, l’utero.
Fu in questo contesto naturale che, nei tempi antichi, iniziarono a
forgiarsi quei caratteri isolani specifici e riconoscibili nelle donne
elbane. La storia (di dominazioni,
soprusi e miseria) contribuì solo ad accentuare configurazioni simboliche e
mentali già presenti nel corpo sociale. Vorremmo andare alla scoperta e alla sperimentazione di quegli
antichi germogli da cui si sviluppò il modo di vita e di pensiero tipicamente elbano
e squisitamente femminile.
E’ sufficiente prestare attenzione al territorio per
rilevare i punti forti dei saperi femminili.
Le acque dolci, il mare, il lavatoio. L’orto, le erbe, le medicine, la
foresta, la miniera, la grotta. Il
percorso è caratterizzato dall’esplorazione di figure e ruoli femminili,
codificati storicamente, che si radicano in mentalità di lunga durata e
affondano le radici nei tempi preistorici (Italici, Villanoviani, Etruschi). Le principali figure archetipiche femminili
che emergono dalle ricerche storiche, antropologiche e archeo-antropologiche
sono: la levatrice, la “medichessa” o medicine woman, l’erborista, la
sacerdotessa, la poetessa/musicista/artista.
Si tratta di ruoli distinti, ma spesso fusi nella stessa persona, che
vogliamo esplorare separatamente.
La “Medichessa” guaritrice,
colei che conosce il corpo, sa interpretare la malattia, la sa circoscrivere ed
estrarre, sa convogliare le energie sulla parte malata e accresce le forze di
guarigione, colei che recupera la salute sia fisica che psichica.
L’Erborista, colei che conosce il potere delle piante e
del calderone in cui prepara decotti, infusi, elisir di lunga vita.
La Sacerdotessa, colei che conosce il sacro ed è in grado di officiare per
conto della comunità; l’accompagnatrice dei morenti, colei che benedice i nascituri e che celebra i matrimoni.
La poetessa/musicista/artista, colei che conosce i segreti del canto, del
ritmo, della parola; il canto delle sirene;
il potere terapeutico del tamburo e dei sonagli.
Enrica Tedeschi, PhD in Sociologia e Ricerca Sociale, già
docente dell’Università Roma Tre
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Valeria Romanini, Imprenditrice, commerciante,
esperta di coltivazioni, cura e conservazione delle piante, nonché dell’arte
della cosmesi
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Enrica
Tedeschi ha insegnato sociologia in diverse università italiane. Negli ultimi
venti anni, è stata professore aggregato di
sociologia della comunicazione e di sociologia delle relazioni interculturali
presso l’Università di Roma Tre. Attualmente è docente nel Master Interuniversitario di II livello in
Sociologia dei tre atenei romani (Roma “La Sapienza”, Roma 2 Tor Vergata,
Roma Tre).
Ha
curato ricerche socio-antropologiche sui temi della comunicazione e mass
media, nuovi movimenti religiosi, conflitti interculturali, nell’ambito delle
attività di ricerca dell’Università di Roma Tre.
È autrice di saggi sociologici. Fra le monografie più significative: (2005) Sociologia e scrittura. Metafore, paradossi, malintesi: dal campo al rapporto di ricerca. Roma-Bari: Laterza; (2006) Connessioni incerte. Roma: Philos; (2010) I pubblici delle comunicazioni di massa. Matera: Altrimedia; (2011) Il giaguaro e la tigre. Narrazioni, interazioni, culture. Matera: Altrimedia; (2014) Tra una cultura e l’altra. Lo stato dell’arte della sociologia interculturale. Padova: Cleup.
Nel
settore della Forest Therapy, è esperta di Yasei Shinrin Yoku secondo il metodo
della Wildcraft Forest School (Lumby, Canada).
Blog:
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Fin dell'adolescenza è
molto attratta dalla natura e, durante le lunghe vacanze nel Cadore, inizia a
fare i suoi primi erbari seguendo i testi di Maurice Mességué, grazie ai
quali sperimenta la preparazione di unguenti e oleoliti secondo le ricette
delle anziane friulane.
Nel 1982, consegue
l'attestato di "addetto alle coltivazioni erbacee" presso la sede
del centro di formazione professionale in agricoltura di Bibbona, dopo aver
seguito il corso di biennale della durata di 1100 ore.
Nel 1987 a Piombino ha il
suo primo approccio con l'hatha yoga seguendo i corsi della Maestra Annamaria
Londi secondo gli insegnamenti di Gabriella Cella. Ha viaggiato in
In India nel 1996 e 1997
dove, a Pushkar, ha seguito un corso di hatha yoga presso un bramino
locale. In Italia ha seguito diversi
corsi presso insegnanti altamente qualificati.
Dal 2002 si occupa del
suo negozio di erboristeria, sito in Porto Azzurro. Dal febbraio 2019 segue, presso Shakti
Centro Yoga Kundalini di Piombino, il
corso professionalizzante di primo livello, per conseguire la qualifica di
Teacher Training di Yoga Kundalini.
E’ esperta di particolari
tecniche di respirazione, in grado di aiutare le persone a ritrovare uno
stato di calma interiore, riscoprendo l’armonia con la natura.
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