venerdì 7 febbraio 2020

Donne di Rio, donne elbane: fra il respiro del mare e il battito della foresta






Questo progetto ha per obiettivo l’empowerment delle donne elbane, che hanno alle spalle una storia in gran parte ignota, ma di cui possiamo ricostruire la struttura, l’ossatura.  In senso letterale, visto che le ossa erano considerate dai nostri antenati il luogo dell’anima, quella parte di anima che resta nel fisico, sulla terra.

Lì ci sono strutture mentali, modi di pensare, sentire, percepire la realtà che sono specifici, caratteristici dell’isola.  Le ricerche compiute sulle donne elbane, in particolare le donne di Rio (Peria 2012), mostrano le specificità della cultura femminile isolana che si distingue da quella, per esempio, dell’Italia centrale, grazie alla relativa autonomia e al riconoscimento sociale delle levatrici, orticultrici, erboriste,  “medichesse”, la cui rappresentante più significativa è Margherita Bonci, legittimata nelle sue pratiche e terapie degli Anziani della Comunità di Rio (Peria 2012: 125 e sgg.).

Tuttavia, le arti e i  saperi delle donne elbane - che gli studiosi descrivono come indipendenti, creative, coraggiose e guerriere – non sono soltanto la ricaduta  dei processi storici che hanno reso la popolazione dell’isola una popolazione di vedove e vedove bianche.  La precarietà di un mondo in cui gli uomini sono costantemente impegnati in mestieri pericolosi, come la pesca e le guerre, è stata aggravata dal continuo conflitto con pirati e corsari, eserciti di invasori, episodi bellici.

Eppure, non fu solo la contingenza storica a creare il carattere femminile elbano, caratterizzato da autostima e intraprendenza.  Alcune scoperte archeo-antropologiche – realizzate all’inizio e alla fine del secolo scorso - rivelano la presenza su questo territorio di siti antichissimi, ricchi di indizi circa culture materiali e spirituali di tipo matrifocale.  La cultura Villanoviana è un caso esemplare, perché rappresenta un tipo di società, in cui la donna poteva assurgere a posizioni di grande potere, socio-economico, politico e religioso, essendo considerata come il più naturale e spontaneo canale di comunicazione con il divino.

I Villanoviani erano antenati diretti degli Etruschi, che hanno continuato a coltivare – in una società rinnovata ma saldamente incardinata in quelle radici simboliche  – una visione e quindi una politica culturale di tolleranza, libertà e onore nei confronti della donna.  La donna etrusca si permetteva cose che la donna  romana non osava sognare.  Ella poteva coltivare i mestieri artigianali e commerciali, prendere decisioni e, soprattutto, essere un punto di riferimento operativo per la spiritualità femminile:  le erano affidati in autonomia, culti e cerimoniali che a Roma escludevano la presenza femminile.

In questo percorso attingeremo a tempi antichissimi a quelle culture degli antenati e delle antenate delle donne elbane che rappresentano la base genetica, il nucleo duro del DNA mitocondriale, quello che si tramanda solo in via femminile.  Risaliamo a un tempo che non ha potuto lasciare documentazione perché basato sulla comunicazione orale e non scritta, ha lasciato tracce riconducibili, con i metodi dell’archeo-antropologia, alle ricerche di Momolina Marconi, Uberto Pestalozza, Marija Gimbutas, che dimostrano l’esistenza di culture matrifocali a dominanza spirituale femminile nelle popolazioni tirrene, pelasgiche, dolicocefaliche fino a circa il 1000 a.C.

Il nostro progetto mira a ricostruire e ricomporre frammenti della cultura femminile elbana,  in particolare di Rio Elba, cultura che ha attraversato molte epoche e che ha subito minacce e ridefinizioni nel corso dei secoli.  Proponiamo di ripercorrere a ritroso il fil rouge che connette le elbane moderne alle loro antenate più arcaiche, attraverso uno spettro di metodi esperienziali e di consapevolezza, che si basano sulla relazione diretta, intensa e profonda con l’ambiente naturale circostante.

Ciò che ha reso l’Elba quella che è, e le elbane quello che sono – in termini di fermezza, coraggio, indipendenza – è un sapere che risale alla notte dei tempi ma è latente nella coscienza dei contemporanei, in attesa di essere risvegliato.  Proponiamo un percorso, adatto a tutte le età e diretto a entrambi i sessi, che ci ricongiunga con le nostre radici attraverso il contatto non mediato con il mondo naturale, con la rigogliosa e potente natura che avvolge e incornicia la cittadina di Rio.
Gli elementi naturali su cui focalizzeremo l’attenzione sono:  il mare e l’abbondanza di acque dolci; la vegetazione (orti, boschi, erbe, alberi);  il ventre della miniera, che rappresenta simbolicamente la grotta, il grembo, l’utero.  Fu in questo contesto naturale che, nei tempi antichi, iniziarono a forgiarsi quei caratteri isolani specifici e riconoscibili nelle donne elbane.  La storia (di dominazioni, soprusi e miseria) contribuì solo ad accentuare configurazioni simboliche e mentali già presenti nel corpo sociale.  Vorremmo andare alla scoperta e alla sperimentazione di quegli antichi germogli da cui si sviluppò il modo di vita e di pensiero tipicamente elbano e squisitamente femminile.

E’ sufficiente prestare attenzione al territorio per rilevare i punti forti dei saperi femminili.  Le acque dolci, il mare, il lavatoio. L’orto, le erbe, le medicine, la foresta, la miniera, la grotta.  Il percorso è caratterizzato dall’esplorazione di figure e ruoli femminili, codificati storicamente, che si radicano in mentalità di lunga durata e affondano le radici nei tempi preistorici (Italici, Villanoviani, Etruschi).  Le principali figure archetipiche femminili che emergono dalle ricerche storiche, antropologiche e archeo-antropologiche sono:  la levatrice, la “medichessa” o medicine woman, l’erborista, la sacerdotessa, la poetessa/musicista/artista.  Si tratta di ruoli distinti, ma spesso fusi nella stessa persona, che vogliamo esplorare separatamente.


 La Levatrice, colei che conosce il segreto della vita (ma anche del controllo delle nascite), e lavora con i misteri dell’acqua, delle grotte, del latte, del lavatoio, del mare.

La “Medichessa” guaritrice, colei che conosce il corpo, sa interpretare la malattia, la sa circoscrivere ed estrarre, sa convogliare le energie sulla parte malata e accresce le forze di guarigione, colei che recupera la salute sia fisica che psichica.

L’Erborista, colei che conosce il potere delle piante e del calderone in cui prepara decotti, infusi, elisir di lunga vita.

La Sacerdotessa, colei che conosce il sacro ed è in grado di officiare per conto della comunità; l’accompagnatrice dei morenti, colei che benedice i nascituri e che celebra i matrimoni.

 La poetessa/musicista/artista, colei che conosce i segreti del canto, del ritmo, della parola;  il canto delle sirene; il potere terapeutico del tamburo e dei sonagli.

 Vorremmo scoprire queste dimensioni del femminile con lo scambio, la riflessione, la condivisione, ma anche con il rapporto con la natura circostante e grazie all'attivazione del respiro consapevole, attraverso le tecniche dello yoga.


                                                                 

Enrica Tedeschi, PhD in Sociologia e Ricerca Sociale, già docente dell’Università Roma Tre

Valeria Romanini, Imprenditrice, commerciante, esperta di coltivazioni, cura e conservazione delle piante, nonché dell’arte della cosmesi
Enrica Tedeschi ha insegnato sociologia in diverse università italiane. Negli ultimi venti anni, è stata professore aggregato di sociologia della comunicazione e di sociologia delle relazioni interculturali presso l’Università di Roma Tre. Attualmente è docente nel Master Interuniversitario di II livello in Sociologia dei tre atenei romani (Roma “La Sapienza”, Roma 2 Tor Vergata, Roma Tre).
Ha curato ricerche socio-antropologiche sui temi della comunicazione e mass media, nuovi movimenti religiosi, conflitti interculturali, nell’ambito delle attività di ricerca dell’Università di Roma Tre.
È autrice di saggi sociologici.  Fra le monografie più significative: (2005) Sociologia e scrittura. Metafore, paradossi, malintesi: dal campo al rapporto di ricerca. Roma-Bari: Laterza; (2006) Connessioni incerte. Roma: Philos; (2010) I pubblici delle comunicazioni di massa. Matera: Altrimedia; (2011) Il giaguaro e la tigre. Narrazioni, interazioni, culture. Matera: Altrimedia; (2014) Tra una cultura e l’altra. Lo stato dell’arte della sociologia interculturale. Padova: Cleup.
Nel settore della Forest Therapy, è esperta di Yasei Shinrin Yoku secondo il metodo della Wildcraft Forest School (Lumby, Canada).
Blog:

Fin dell'adolescenza è molto attratta dalla natura e, durante le lunghe vacanze nel Cadore, inizia a fare i suoi primi erbari seguendo i testi di Maurice Mességué, grazie ai quali sperimenta la preparazione di unguenti e oleoliti secondo le ricette delle anziane friulane.
Nel 1982, consegue l'attestato di "addetto alle coltivazioni erbacee" presso la sede del centro di formazione professionale in agricoltura di Bibbona, dopo aver seguito il corso di biennale della durata di 1100 ore.
Nel 1987 a Piombino ha il suo primo approccio con l'hatha yoga seguendo i corsi della Maestra Annamaria Londi secondo gli insegnamenti di Gabriella Cella.  Ha viaggiato in
In India nel 1996 e 1997 dove, a Pushkar, ha seguito un corso di hatha yoga presso un bramino locale.  In Italia ha seguito diversi corsi presso insegnanti altamente qualificati.
Dal 2002 si occupa del suo negozio di erboristeria, sito in Porto Azzurro.  Dal febbraio 2019 segue, presso Shakti Centro Yoga Kundalini  di Piombino, il corso professionalizzante di primo livello, per conseguire la qualifica di Teacher Training di Yoga Kundalini.
E’ esperta di particolari tecniche di respirazione, in grado di aiutare le persone a ritrovare uno stato di calma interiore, riscoprendo l’armonia con la natura.